“Il mio consiglio è di esplorare l’ignoto, affrontare terre sconosciute, perché è l’unica cosa che un AI non può fare” dice Vivienne Ming al termine di una sua conferenza durante il Global Summit di Singularity University.

A seconda dei punti di vista, questa frase può sembrare eccitante o preoccupante. Ma non è tutto: un altro dei concetti che lei sottolinea, in controtendenza con il pensiero comune, è quanto sia sbagliato mandare i propri figli a studiare materie informatiche solo per il semplice fatto che ci stiamo affacciando in un mondo sempre più digitale.

Probabilmente ti starai chiedendo perchè fidarsi di questa Vivienne. Beh, per dirne una, durante il suo percorso da laureanda ha lavorato allo sviluppo di una tecnologia per il riconoscimento facciale che aveva lo scopo di stabilire se una persona stava mentendo tramite la lettura delle espressioni facciali. Da questo progetto è nata una start up che, dopo un periodo di incertezze, ha avuto la brillante idea di utilizzare il software durante le presidenziali americane. Il clamore mediatico suscitato è stato così grande da scaturire un’asta agguerrita tra Apple e Facebook, poi vinta dalla società di Cupertino, la quale ha avuto a sua volta l’intuizione di prendere la tecnologia ed usarla per animare le emoji, una delle novità di punta dell’iPhone X.

Ci sarebbero altre storie da aggiungere – come ad esempio il fatto che abbia poi sfruttato questa stessa tecnologia implementata nei Google Glass per permettere ai bambini autistici di leggere le emozioni delle persone che incontrano (uno degli aspetti più complicati dell’autismo è la limitata capacità di empatizzare), o creato da zero una rete neurale capace di apprendere e anticipare l’arrivo di un episodio maniacale nelle persone affette da sindrome bipolare, facendone diminuire sensibilmente la probabilità di suicidio. Insomma, nel settore dell’AI è sicuramente un gigante.
Ma l’argomento dell’articolo è l’intelligenza artificiale, quindi passiamo al vero contenuto.

Da quando nasciamo siamo catapultati in una società che vive di dogmi. “Studia e trovati un lavoro” probabilmente è la frase più ricorrente ed è continuamente rinforzata dalla macchina mediatica esterna. Sentiamo spesso in televisione, o leggiamo online, quali siano i lavori più sicuri per il futuro, quali mansioni possano garantirci uno stipendio elevato e quant’altro. Crediamo che sviluppare abilità cognitive complesse sia la strada per sentirci al riparo.

Paradossalmente, i lavori fisici, quelli che richiedono meno qualifiche, sono anche quelli più difficili da replicare per un robot. Muoversi in un campo e raccogliere l’uva (dopo averla riconosciuta), con il giusto grado di tensione e forza, è un compito piuttosto complicato. Ma le operazioni di calcolo? Quelle sono un gioco di ragazzi.

Lo scorso anno l’università della Columbia ha condotto un esperimento: avvocati contro AI. Ad entrambi i gruppi è stata data in pasto una pila di documenti legali da analizzare alla ricerca di una possibile scappatoia legale. L’intelligenza artificiale è riuscita a risolvere il 94% dei casi, gli umani si sono fermati all’85%. Non molta differenza direte voi, peccato che il tempo medio di lettura di un contratto è stato 92 minuti per l’essere umano, e 26 secondi per l’AI.

In talune circostanze, i migliori avvocati potranno anche battere l’intelligenza artificiale, ma considerati i tempi e soprattutto i costi di esecuzione e mantenimento, ecco che da un punto di vista imprenditoriale non avrà più senso affidarsi all’essere umano per svolgere certi tipi di lavoro.

Analizzare dati, programmare, leggere una radiografia, per queste cose un’AI può essere costruita facilmente. In generale, tutte le professioni del ceto medio possono considerarsi a rischio.

Piuttosto deprimente, vero?
Quali sono quindi le abilità che dobbiamo coltivare? Come muoverci in questo mondo di totale incertezza? Vivienne viene ancora in nostro soccorso e ci offre uno spunto prezioso, acquisito durante il periodo in cui si trovava a dirigere il reparto di ricerca di una società di risorse umane che impiegava l’intelligenza artificiale per capire quali abilità fossero predittive del proprio successo nella vita professionale.

Dopo aver analizzato milioni di casi, i risultati sono sorprendenti e vanno a scontrarsi con il nostro sistema scolastico, fatto di test e continue valutazioni. Intelligenza emotiva, creatività, abilità cognitive di base, capacità di relazionarsi e di gestire in autonomia i propri obiettivi. Queste sono le abilità da sviluppare. I migliori lavoratori non sono quelli che lo fanno per i bonus o per altri incentivi economici, ma per un’innata curiosità e propensione verso quel tipo di lavoro. Quelli che trovano soddisfazione nel proprio ruolo indipendentemente da ciò che la società dice loro di fare o di essere, perché si sentono parte di qualcosa di più grande.

SingularityUniversity si prefigge il compito di osservare da vicino queste tecnologie per maturare le competenze necessarie ad affrontare il futuro che ci aspetta. L’intelligenza artificiale rappresenta, senza ombra di dubbio, una delle forze motrici del prossimo decennio. Tenersi aggiornati è di vitale importanza per sfruttare le potenzialità offerte da questo magnifico strumento.

Il 19 Marzo a Milano, nella sede Microsoft, ci sarà un incontro formativo incentrato sul tema dell’intelligenza artificiale. Ospite speciale sarà il portavoce di Singularity in Italia, David Orban, che insieme a Fabio Moioli di Microsoft affronterà i temi più scottanti per questo 2019 di AI.

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Autore: Enrico Pacusse